Piattaforma della mobilità romana e di area vasta



Avvertenza

Gli appunti sulla piattaforma della mobilità romana – riassuntivi dell’impegno d Calma - redatti in bozza nel settembre del 2020, quando veniva annunciata l’uscita dalla pandemia di Covid 19, dopo l’interruzione delle attività a seguito del lockdown dei mesi precedenti, vengono ripresentati senza variazioni in vista della ripresa dell’attività di Calma sul finire di quest’anno. Non è sembrato necessario riformularne fin d’ora alcuni punti ritenendo che approfondimenti e/o modifiche e variazioni potessero più utilmente intervenire nei prossimi mesi con il dibattito pubblico e con le iniziative. Segnaliamo comunque che alcuni fondamentali disastri si vanno profilando con la proposta di legge sulla concorrenza che in pratica privatizza integralmente i servizi pubblici locali, con la sciagurata ripresa dell’iniziativa istituzionale sulla cosiddetta “autonomia differenziata”, con alcuni progetti di “grani opere” e con i giochi di potere sui “poteri” di Roma Capitale. Il disastrato sistema del trasporto pubblico sembra avviarsi sul viale del tramonto, contrariamente a quanto la pandemia aveva pur indicato come non più sostenibile. A Roma il cambio dell’amministrazione non sembra aprire spiragli, se teniamo a mente le insufficienze della gestione regionale e l’assenza di un qualsiasi piano di area vasta della mobilità e della logistica. Essendo l’unico fine quello di porre a gara i servizi regionali …. Vedremo tuttavia.

dicembre 2022

 

Premessa settembre 2020

Con il riavvio di settembre anche CALMA deve riannodare i fili tra di noi e tra le azioni a suo tempo delineate. Ovviamente non si tratta di riprendere i vecchi progetti e utilizzare i vecchi paradigmi, bensì di porre quanto è rimasto valido della nostra esperienza e delle nostre analisi sulla città e la mobilità nel contesto nuovo determinatosi a seguito della diffusione di Covid 19. Il ritorno alla” normalità” corrisponde alla necessità di imboccare una strada differente da quella esistente prima di questa pandemia. Non si ritorni a “quella” normalità, ma se ne costruisca, o si inizi a costruirne una differente. In che senso? Poiché sono venuti al pettine e all’evidenza i nodi del degrado dei servizi pubblici, del taglio dei finanziamenti ad essi indispensabili, dell’affidamento alle virtù taumaturgiche del laisser faire, del laisser passer (auto, autostrade, tir, taxi, grandi opere) con le note conseguenze in termini di consumo di suolo e sottosuolo, di inquinamento, di distruzione degli ecosistemi naturali e storici nonché della socialità, dell’attenzione all’altro, con l’aumento delle disuguaglianze, dell’esclusione e della indifferenza rispetto a modi di produzione e di convivenza insostenibili, è opportuno far sentire anche voci di distanziamento dalla retorica del Ponte Piano (una autostrada in città! che peraltro immobilizza l’innovazione del trasporto merci ai TIR), della riproposizione intatta di grandi opere dalla Tav al Ponte o Tunnel sullo Stretto, dei cantieri che devono comunque essere riaperti possibilmente con scudi fiscali e penali, con deroghe ai Piani regolatori o ai vincoli paesaggistici (come la ulteriore norma salva stadi),delle pressioni per nuove rottamazioni, prestiti a FCA e, insomma, per farla breve, del ritorno il più rapidamente possibile alla situazione ex ante, rappresentata paradigmaticamente dalla riproposizione di vecchie proposte, alcune ampiamente già bocciate come l’ampliamento dell’aeroporto di Fiumicino, contenute in quella summa di grandi opere che va sotto il nome di “ITALIA VELOCE”. Quando non si chiacchiera così pericolosamente come se niente fosse successo, tutta l’attenzione, dietro gli appelli verbali al cambiamento, è al più concentrata su come fare le cose (intendendo però soltanto meno burocrazia e più tecnologia), non, come dovrebbe essere, su quali cose fare, per chi e a che scopo, con quale armonia con l’ambiente storico e “naturale”. Appare perciò particolarmente angoscioso l’insistere del dibattito giornalistico e politico sulla ripresa, sganciata da qualsiasi considerazione sulla qualità delle opere. Angoscioso perché siamo in presenza di un profondo disordine intellettivo e comportamentale per cui la dichiarata consapevolezza della gravità della situazione si tramuta in comportamenti che la negano.

Il settore del Trasporto pubblico locale è fra i più colpiti dall’emergenza sanitaria. La domanda è crollata nella fase del lock down e fino alla fine della pandemia rimarrà inferiore del 30% rispetto al dato pre-covid. Le aziende hanno comunque sempre garantito il servizio pubblico con importanti ripercussioni sugli equilibri economico-finanziari. Si prevede che le minori entrate per vendita titoli di viaggio per il 2020, saranno complessivamente circa 1,66 mld di euro. Il rapporto ricavi da traffico su costi operativi che in costante miglioramento aveva raggiunto, nel 2018, il valore medio nazionale pari al 34,6%, a seguito dell’emergenza epidemiologica è stimato scendere al 25,5%. (Dati ASSTRA). Secondo i dati pubblicati da una ricerca INRIX (Europa) sia a Roma che a Milano, il VMT settimanale (le miglia percorse dai veicoli Vehicle – Miles Travelled VMT) ha raggiunto il minimo a partire dalla data del 23 marzo, raggiungendo rispettivamente il 23% ed il 16% dei livelli pre-COVID. Da tale data, Roma è cresciuta del 13% settimanalmente mentre Milano è cresciuta di poco meno del 16%. Nonostante questa crescita, Roma e Milano sono ancora al di sotto del 20% e del 26% del loro livello pre-pandemia.

Naturalmente in questi mesi Calma ha mantenuto in osservazione la situazione difficile della vita quotidiana aggravata dalla inesistenza di azioni di governo del Comune le cui uniche manovre riguardano lo stadio cosiddetto della Roma a Tor di Valle (la Sindaca ha deciso di ricandidarsi e punta alla sua realizzazione forzando le procedure oltre ogni limite di legge – trovando per ora buon ascolto nella Regione - e nonostante tutta l’enorme speculazione immobiliare sia già incappata in accuse di corruzione da parte della Magistratura che hanno portato all’apertura di un processo penale); ed ha avviato collegamenti con alcune associazioni di mobilità sostenibile, mantenuti con altre ecc. Ma è ormai tempo di proporre e approfondire - tenendo in conto quanto è emerso in questi mesi da istituzioni, agenzie, analisti, organismi sociali - tre punti: il sistema della mobilità e la funzione della mobilità pubblica; la modalità mediante aziende dell’erogazione del servizio pubblico e più generalmente dei servizi di cittadinanza; una idea di Città. I quali temi qui si indicano in BOZZA, per il confronto tra di noi e poi, auspicabilmente, per aprire un dibattito pubblico su quello che si può e deve fare subito e su quello che si dovrebbe programmare. Si tratta in breve dell’AGGIORNAMENTO DELL’AGENDA DI CALMA, consistente nel delineare una possibile, realistica PIATTAFORMA DELLA MOBILITA’ ROMANA E DI AREA VASTA. E non ci stancheremo mai di ripetere che questa Agenda - Piattaforma ha senso se si potrà arricchire ed anche modificare nel confronto più ampio, con l’apporto e l’azione congiunta di quanti siano o fossero interessati.

 

Aggiornamento dell’Agenda. Piattaforma della mobilità romana e di area vasta (appunti in bozza)

Prima parte: sistema della mobilità

1.1- La confusa, convulsa, riapertura dell’anno scolastico mette in luce la drammatica mancanza di una pur minima idea di programmazione che tenga conto almeno delle interdipendenze tra i settori coinvolti o coinvolgibili che si condizionano reciprocamente. Era chiaro da molti mesi, ad esempio, che il trasporto pubblico non avrebbe potuto corrispondere alle esigenze di studenti e pendolari e meritava perciò una adeguata attenzione e interventi precisi e finanziamenti importanti (1,6 miliardi per i 20 mila autobus e 31mila autisti che mancano). Non si è fatto nulla, se non la ridicola pantomima di un Comitato tecnico (?) che un giorno dice un numero di presenze su di un autobus, per poi dirne uno maggiore e di Ministri che prima si mettono al riparo di quello e poi se ne escono con arguzie quali il considerare gli alunni di una classe alla stregua di “congiunti”. Eppure, almeno per Roma e Lazio, sarebbe stato possibile costruire in questi mesi un Piano trasporti transitorio di coordinamento tra FS, Atac, Cotral, Tpl, Taxi, autolinee private e di noleggio sotto regia pubblica. Passo non semplice sotto i profili normativi e regolamentari e per la parziale attenuazione della concorrenza tra queste aziende, sia pure dettata dall’eccezionalità. Ma cominciare a muoversi in sinergia avrebbe prodotto e potrebbe ancora realizzare una esperienza assai significativa. E, poi, le Associazioni dei pendolari hanno proposto alla Regione precise misure di salvaguardia della salute di autisti, lavoratori e passeggeri. Restando finora inascoltate!

1.2 Per finanziare interventi immediati che attenuino la pena quotidiana, per renderli “fattibili”, deve essere rimosso l’ostacolo strutturale costituito dal patto di stabilità che strangola le possibilità finanziarie del Comune. Sarebbe anche il caso che la Sindaca di Roma capitale superasse il suo provinciale campanilismo e si facesse promotrice di una grande Assemblea dei Sindaci delle città metropolitane in cui porre concretamente tale obiettivo. Non la richiesta corporativa di più soldi e/o poteri, lamentandosi come vittima di scarsa considerazione da parte del Governo rispetto ad altre città, o ad altre capitali, né come aspettativa da Governi amici e men che meno a ricasco di un possibile sottosegretariato per Roma, ma l’affermazione di un protagonismo questo sì interprete delle proprie popolazioni. Non speriamo che lo faccia, ma sarebbe possibile se le forze politiche romane sollevassero il capo dal proprio meschino cabotaggio.

1.3 Nel merito gli interventi immediati comprendono atti a minor costo quali: ampliamento delle corsie preferenziali, riserva di interi tratti di strada e asservimento dei semafori alle linee di autobus e tram; estensione delle ZTL; avvio del piano disabili e attenzione alle categorie più deboli con modifica degli orari per garantire maggiore sicurezza e possibilità di viaggio a donne, pendolari, anziani…; liberazione delle fermate dai mezzi in sosta; avvio di forme di gratuità del servizio; aggravio delle tariffe di sosta; adozione di sistemi tariffari integrati e di infomobilità; regolazione dei mezzi turistici (pullman e auto noleggio); posizione di dissuasori di velocità nelle strade e miglioramento della sicurezza; manutenzione di strade marciapiedi e corsie ciclabili; organizzazione e orari di carico e scarico delle merci; campagna di educazione civica e osservanza del Codice della Strada e dei Regolamenti comunali.

1.4 Azioni che richiedono provvedimenti di medio periodo quali: diffondere la ciclabilità sulla base di analisi dei flussi specifici as usual e prevedibili; dare attuazione al GRAB strumento affascinate di conoscenza e riappropriazione paesaggistica e sociale; realizzare connessioni intermodali dovunque possibile, iniziando a ristrutturare le stazioni nell’ambito del potenziamento del sistema ferroviario regionale; sollecitare da aziende e istituti l’adozione del car pooling; costruire una Autorità comunale pubblica di gestione della domanda di trasporto pubblico, compresi i Taxi e gli Ncc (sulla falsariga del dispacciamento di energia); predisporre una nuova disciplina dell’approvvigionamento e distribuzione delle merci, utilizzando il sistema ferroviario e tramviario; distribuire meglio le centraline rilevanti i gas di scarico e predisporre il monitoraggio dell’inquinamento derivante dal consumo di olii, gomme, ferro, catrame …

1.5 Iniziative di più lunga realizzazione quali: investimenti di ammodernamento e ampliamento di disponibilità di mezzi di autobus e carrozze, di adeguamento infrastrutturale specialmente ferroviario e tramviario di superficie, nonché delle aree di parcheggio intermodale; avvio della progettazione e costruzione della infrastruttura su ferro Saxa Rubra Laurentina, dell’ Archeotram per collegare i siti storici più importanti, della linea tramviaria Ostiense Ponte Milvio sulla riva sinistra del Tevere in raccordo con le linee su ferro esistenti e di servizio al Centro storico e all’attività turistica; inserimento delle ferrovie ex concesse come metropolitane urbane e periurbane e prolungamento delle attuali linee metro fino al GRA; rielaborazione del PUGT e del PUMS e implementazione delle azioni indicate nei capoversi precedenti. Tali iniziative necessariamente hanno un respiro e un ambito di Area Vasta non riducibile alla Città Metropolitana che comprende l’area della ex Provincia. Pertanto la Regione è chiamata a formulare finalmente un proprio Piano Regionale della Mobilità e della Logistica in cui tener conto delle proposte avanzate in questi anni da Pendolari e Associazioni ,a rivedere in particolare il punto dell’integrazione delle ferrovie ex concesse nel contesto metropolitano romano, a fare in modo che Cotral entri in sinergia con il processo di intermodalità anche qui, ma non solo qui, accennato e non si perda in concorrenza con Fs. Più avanti si svilupperà la critica alla gestione del servizio mediante Spa: ciò che si dirà di Atac vale per Cotral poiché non è la pur importantissima questione dei bilanci o della corruzione il punto (che semmai è dirimente sotto altri decisivi profili) bensì se tali servizi appartengano o meno ai diritti di cittadinanza o al contrario debbano essere subordinati alle diverse e opposte condizioni dettate dal diritto privato.

1.6 Alcuni progetti dell’Amministrazione comunale come il rifacimento e potenziamento della Roma-Giardinetti, la diffusione di piste ciclabili, l’inizio del controllo sull’accesso e la sosta dei pullman, alcune tratte di tram possono essere considerati positivi e utili sempre che sia possibile un dibattito pubblico di merito rivolto a comprendere quale ne sia la progettazione, i tempi, i finanziamenti ma anche l’impatto sul traffico dell’area interessata e dell’intera città: non si sfugge alla sensazione che l’enfasi posta sulla ciclabilità voglia evitare di considerarne la funzione marginale rispetto al peso del trasporto di masse di pendolari, studenti, turisti, anziani; così come sembra che ai tanti annunci (vedi l’importantissima linea di attraversamento su tram del centro storico da Termini al Vaticano e all’Aurelia, o la stazione di Vigna Clara) non segua alcuna azione. Il tema del dibattito pubblico per valutare la priorità e la fattibilità di ogni intervento significativo, che trova in esperienze di altri Paesi solide basi e che viene accennato anche nel Codice degli appalti italiano senza che Regione e Comune vi abbiano dato finora seguito, segna per Calma una discriminante importantissima. Non si sarebbe potuto sostenere con una qualche credibilità, per esempio, la speculazione dello Stadio della Roma a Tor di Valle o la sostenibilità della linea Metro C. Più in generale, forme di dibattito pubblico sono vitali perché prendano parola i soggetti cui sono “destinati” i provvedimenti urbanistici e trasportistici. Già la parola destinati andrebbe rovesciata nel senso che chi destina non può rappresentare alcuna volontà superiore irrevocabile (espressione di Comune, Regione o Stato) ma essere il volere comune, argomentato nel conflitto degli interessi divergenti e delle posizioni diverse degli abitanti.

1.7 È altrettanto chiaro ciò che non si dovrebbe fare. Per esempio, alcuni interventi, come la Metro C, dovrebbero essere riprogettati per evitare l’attraversamento del centro storico, magari in doppione con la linea di superficie Termini Vaticano Aurelia, o con alternative anche qui sopra indicate. O come il Piano parcheggi completamente da rifare per evitare ulteriori devastazioni di pregevoli parti del tessuto urbano come nel caso di via Giulia o di Villa Borghese e, comunque per attestare i mezzi turistici, di Cotral e altre autolinee in aree periferiche di scambio intermodale: vero asse importante di alleggerimento della pressione sulla città. Si dovrebbero archiviare progetti insostenibili come l’autostrada Pontina (utilmente messa in sicurezza e di facile accesso alla città con il potenziamento ferroviario e metro) o la sempre ritornante idea della Metro D. E non si può non applaudire alla cancellazione della Quarta Pista dell’Aeroporto di Fiumicino da parte del Ministero dell’ambiente, dopo la lunga battaglia del Comitato No Pista.

1.8 È appena il caso di ricordare che quest’elenco nel mentre non chiude affatto la possibilità di essere integrato e/o modificato (seppure nasca da un’esperienza ormai decennale), deve a motivi di spazio la sua stringatezza poiché non si son volute ripetere qui le documentazioni disponibili sullo stato della mobilità romana e regionale, sul dominio del trasporto individuale su gomma, sull’inquinamento, sul cambiamento climatico, sulla degenerazione dell’urbanistica e il consumo di suolo con la diffusione dello sprawl urbano … ampiamente disponibili altrove. Così come ampiamente disponibili sono le argomentazioni, che condividiamo appieno, sull’insostenibilità del modello di traffico dominato dalle auto (e dalle moto) ancorché dette ecologiche ovvero elettriche. In questo caso non solo per la necessità di dover raddoppiare la produzione di energia elettrica (sia pure da fonti rinnovabili) ma anche e soprattutto perché resterebbe e si aggraverebbe ancora la congestione urbana, con gli effetti noti di usura della città e rallentamento dei mezzi pubblici, l’occupazione di spazio e annichilimento del paesaggio, la necessità di nuove strade e autostrade. Si precisa che comunque l’elenco di cui sopra è ampiamente argomentabile e si riassume in alcune idee portanti nate dall’esperienza di Calma:

Costruzione di una ragnatela su ferro in superficie (Tram e Ferrovie) urbana e di area vasta
Linee su gomma di apporto e distribuzione
Terminali flessibili a domanda (taxi)
Dispacciatore pubblico di gestione in tempo reale della domanda e bilanciamento dei flussi di utenti

 

Seconda parte: Atac impresa pubblica

2.1 - Lo sfascio di Atac è evidente e noto: una azienda indifendibile, malauguratamente percepita come il volto fallimentare della gestione pubblica del servizio di trasporto. La diagnosi, però, di tale fallimento rivela una realtà in cui dietro la facciata emerge un cospicuo groviglio di interessi privati e “partitici “che hanno determinato l’attuale penosissima situazione. Episodi ricorrenti di corruzione, la produzione di un abnorme debito, il pesantissimo invecchiamento delle vetture e delle infrastrutture, la formidabile obsolescenza tecnologica, la incapacità grave nell’organizzazione del personale sui cui autisti – cui si deve di aver retto quel che resta del sevizio – su cui si riversa la rabbia degli utenti in quanto visibili rappresentanti dell’azienda, l’esternalizzazione di servizi complementari essenziali sono i tratti distintivi della vera e propria “mala gestione” prodotta da una elefantiaca dirigenza, più spesso incompetente, frutto del clientelismo partitico. È lampante la corresponsabilità con questa dirigenza del Comune, unico azionista. l’Atac è infatti una società per azioni, ovvero un’impresa in cui la proprietà interamente pubblica non ne modifica lo scopo di lucro (nel nostro caso con effetti disastrosi). Prevalgono così sugli obiettivi sociali le valutazioni economiche ed è per questo che i problemi Atac li ha finora affrontati al modo delle aziende private: con i tagli di linee e fermate, la precarizzazione del lavoro, il dumping sociale, l’appalto di proprie funzioni primarie a ditte esterne all’azienda, il silenzio sulle osservazioni e proposte degli utenti e dei lavoratori. Non soltanto per la scelta di vertici inadeguati a gestire l’azienda il Comune è responsabile, ma perché le politiche comunali di governo della città e della mobilità presentano un deficit strutturale impressionante in termini di regolazione della mobilità privata, inter-mobilità, tutela dell’ambiente e del paesaggio, investimenti, tecnologie, finanziamenti. Sintomaticamente non c’è alcuna iniziativa del Comune, e della Regione, che esamini l’evoluzione delle forme di mobilità, per governarle, ed è occasionale pure l’attenzione a quegli interventi minori e fattibili (cfr. sopra) che potrebbero alleviare condizioni disastrose di viaggio. L’assenza di politiche e conseguentemente di scelte, direttive e controlli del Comune, e della Regione, i mancati finanziamenti comunali, regionali e statali sono cause fondamentali dell’indebitamento dell’azienda e del caos del servizio pubblico e della mobilità.

2.2 - L’alternativa al fallimento o alla liberalizzazione/privatizzazione è l’avvio di un processo di drastico cambiamento della natura giuridica di Atac, e delle politiche della mobilità, nonché la ricostruzione della capacità effettiva del Comune di governarlo mediante una nuova organizzazione del servizio in una dimensione di effettiva e non formale partecipazione decidente. Ciò condensa un programma di autentica rinascita del servizio pubblico che oggi non c’è. Le ipotesi qui suggerite sono contemplate nell’ordinamento giuridico italiano e non contestate dall’ Europa e sarà compito del dibattito pubblico indicare la strada giusta, per l’alternativa migliore. Il vero blocco, però, all’avvio in questa direzione è dato dall’opinione corrente alimentata da polemiche denunce, frequenti sui grandi mass media, sul ritorno allo Stato imprenditore, sul ravvivarsi di sentimenti contrari all’impresa privata, sull’ideologia anti liberale che sottenderebbe quelle che sono definite intemerate contro la modernità … Fino al punto di difendere l’insostenibile modello Milano o addirittura di pensare il trasferimento a Milano della sede di Confindustria. Del resto, la cosiddetta autonomia regionale differenziata altro non è che l’allargamento della corte dei miracoli cui poter attingere senza la fastidiosa solidarietà con altre Regioni (e persone).

2.3 – Non è affatto “ideologico” ricordare che l’impresa capitalistica è la forma di organizzazione e dominio del processo produttivo in grado di assorbire e condizionare i più mutevoli aspetti della vita sociale, dalla scienza al lavoro alle altre attività umane e di riversare le proprie contraddizioni e i propri scacchi all’esterno. Vale per tutti il conflitto con la natura, la contestazione del welfare, la valvola della disoccupazione e della precarietà, l’alienazione del lavoratore, la non considerazione del lavoro di cura (che poi riguarda la formazione della forza lavoro). L’impresa è “l’unica istituzione che, in quanto modello di organizzazione funzionante, funzionale e dominante non denuncia crisi” (Gianni Ferrara) ed è la forma di potere delle oligarchie dominanti. Ma l’impresa ha questa vitalità in quanto è il soggetto più ascoltato dai Governi e conseguentemente lo Stato modella la sua azione soprattutto per sostenerla. Le condizioni che lo Stato offre all’impresa sono “la certezza del diritto privato al profitto nella forma d’impresa… i trasferimenti così vari e complessi (crediti agevolati, contributi a fondo perduto, esenzioni tributarie) che non hanno più carattere eccezionale. Si pongono come condizioni ormai indispensabili per la conservazione e la riproduzione del più artificioso meccanismo storicamente sperimentato di produzione” (Ferrara, passim). Per non parlare del sostegno alle imprese nell’ambito della globalizzazione dei mercati. In definitiva, senza l’azione attiva dello Stato non esisterebbe possibilità di successo dell’impresa, ovvero dell’attività economica come svolta nelle società moderne. Per questo è così difficile riuscire a pensare una organizzazione che prescinda dall’impresa e dall’ azienda che ne è la figlia operativa, il mezzo concreto con cui si esercita l’attività economica.

2.4 – La circostanza che l’erogazione di servizi che attengono ai diritti di cittadinanza sia effettuata con aziende, addirittura nella forma di società per azioni, dice lo stravolgimento cui viene sottoposta il concetto stesso di pubblico, ovvero di un servizio universale atto a rimuovere condizioni di disuguaglianza ed esclusione e assicurare una maggiore libertà e sicurezza. Vale per la mobilità ed ancor più per la salute e l’istruzione … Esiste tuttavia un precedente significativo nell’ordinamento giuridico italiano di servizio non erogato tramite aziende: furono le Unità Sanitarie Locali come previste dalla legge di riforma sanitaria (833/1978). La gestione unitaria della salute era ad esse affidata quali strutture tecnico funzionali di Comuni, singoli o associati. Erano il risultato delle dure e lunghe lotte di lavoratori, cittadini, operatori sanitari e sociali che imposero il riconoscimento delle condizioni di vita e di lavoro come concausa di malattie, cosicché basi della riforma diventarono la deospedalizzazione e la conoscenza delle condizioni socio ambientali di vita e di lavoro, nel contesto di una programmazione integrata poliennale regionale, costruita con un ampio dibattito pubblico, atta a modificarle. Immediatamente si è corsi al riparo per evitare che quella ferita al sistema tradizionale e alla primazia degli specialismi medici si incistasse, trasformando le USL in ASL, aziende appunto. Ciò che significa che si dovrebbe tentare di dar vita a una vera e propria civiltà mentale differente dall’attuale. Almeno ci si dovrebbe provare, se non si vuole che il cambiamento stia solo nelle parole e nei documenti e assai poco e lentissimamente nei fatti. Guardiamo, per quel che specificamente ci riguarda, al caso emblematico della cosiddetta CURA del FERRO: ha dato vita soltanto alla Metro C, un vero non senso trasportistico, trascurando altri interventi più sopra ricordati, sprecando tantissimo denaro e impantanandosi in sotterranea nell’assurdo trivellamento del centro storico tra i più belli del mondo.

2.5 - L’organizzazione del servizio pubblico di mobilità è elemento qualificante nella vita quotidiana urbana e di area vasta (metropolitana), parte centrale del sistema di mobilità complessiva interagente con vari altri sistemi: sociali, culturali, civili, economici, tecnologici. Cosicché deve proporsi l’obiettivo di rispondere con tempestività e qualità alle differenti domande di viaggio avviando e consolidando quelle azioni tecnologiche, infrastrutturali, regolative, organizzative che rendano effettivamente integrato l’intero sistema, garantendone l’efficienza, la sicurezza, la sostenibilità sociale e ambientale. Valida alternativa all’inondazione congestionante delle auto private. A parte ogni altra considerazione, aziende private non sono in grado di affrontare questo intreccio sistemico di punti critici, e non lo possono fare neppure Atac o l’Agenzia della mobilità ma solo un Ente pubblico di governo come in tutte le capitali europee. La pandemia ha posto in luce l’importanza del settore pubblico dei servizi ed anche l’inadeguatezza delle attuali forme di programmazione e governo. Il confronto con altre capitali europee chiarisce che le società pubbliche che ne gestiscono i servizi, oltre ad essere ben amministrate hanno come programmatori Enti pubblici capaci di governare i complessi problemi del settore. Laddove i fallimenti della privatizzazione si sono resi irrimediabili si è determinato un avvio di rinazionalizzazione come nelle ferrovie inglesi ed in altri molteplici casi. La forma di un Ente pubblico di tal fatta, in pratica la trasformazione del Comune, si presenterà nella terza parte.

2.6 – D’altronde sterminata è la letteratura sull’impossibilità di realizzare effettivamente la concorrenza nel caso di monopoli naturali, ancor più quando sono in gioco diritti di cittadinanza che possono rendere addirittura non redditizio lo svolgimento del servizio in certe aree. Non per caso succede che i finanziamenti pubblici risultino essere spesso maggiori a sostegno dell’impresa privata di quanto non lo fossero in precedenza verso l’impresa pubblica. Ed è poi evidente che limitandosi la concorrenza alla gara di assegnazione del gestore è più difficile imporre standard normativi a tutela dell’utenza, dei lavoratori, dell’ambiente non più garantiti dall’intervento pubblico. Senza contare la necessità di regolamentare e controllare dall’esterno l’attività privatizzata, ovvero la costruzione di una burocrazia specifica che si baserà essenzialmente sui dati forniti dalla controllata e che a stento potrà dettare un comportamento utile per l’utente, simile a quello che gli si è prospettato con la privatizzazione e la concorrenza. È vero che l’innovazione tecnologica può attenuare tale contraddizione, ma avviene invece che può facilmente nascere uno scambio di “favori” politici, tra controllato e controllante, contraddittoriamente con l’asserita separazione dai partiti. Non di poco conto è anche l’assenza del rischio d’impresa, poiché il Comune dovrà assicurare comunque il servizio. Insomma, tali e tante sono le controindicazioni che impediscono un effettivo miglioramento del servizio, nel senso qui indicato, il quale va ricercato ricostruendo un’idea di servizio pubblico affrancata da suggestioni liberiste e aziendaliste per riferirsi alle concrete necessità di mobilità delle persone (e delle merci di cui abbisognano). Le quali persone, indefinitiva, pur essendo i veri proprietari dei servizi di cittadinanza mediante la fiscalità generale, sono escluse anche solo dall’ascolto, non essendo in alcun modo previsto che su di una Spa interloquisca qualcuno che non sia azionista.

2.7 – Il cambiamento di Atac (e Cotral) chiede un percorso in cui via via consolidare l’alternativa, cominciando da ciò che può essere fatto subito, ad esempio determinando una differente elaborazione del PIANO INDUSTRIALE dell’Azienda. Con questo termine si indica il programma di governo pluriennale che, per le ragioni dette, non può più essere definito solo all’interno delle mura aziendali ma trovare la sua sede nel confronto con i temi di fondo della città. Ovvero integrando, in una analisi congiunta, le conoscenze, competenze, proposte aziendali (e le politiche comunali) con quelle delle persone, di lavoratori, imprese, amministrazioni, associazioni, centri di ricerca, università. Insomma iniziare a risolvere problemi, a partire da quelli più penalizzanti, e a guidare l’evoluzione della mobilità di passeggeri e merci con il contributo largo dei soggetti sociali e tecnico-scientifici presenti in città. Definendo insieme le priorità. Da anni è restata inascoltata la proposta di rendere accessibili, mediante un Osservatorio su conti del trasporto e della logistica, tutte le disponibilità finanziarie esistenti tra diverse fonti, programmate e necessarie, raccogliendole in un unico Fondo, in modo da aver chiare le dinamiche costi benefici. Cfr. inoltre i precedenti punti 1.1 e 1.2. Un punto cruciale riveste la individuazione e NOMINA dei vertici aziendali, sottraendoli al clientelismo partitico e al riciclaggio di ex parlamentari o amministratori, con competenze ed esperienze riconosciute. Di non semplice riconoscimento dato che il management è formato essenzialmente per la guida di imprese private o che al diritto privato si rifanno. Occorre anche su questo punto una modifica sostanziale nei processi di formazione per corrispondere all’idea di un pubblico differente dal privato proprio nella gestione dei servizi. Si tratta di problemi di non facile soluzione che dovranno essere affrontati con priorità nel dibattito pubblico.

2.8 – Contestualmente il Comune avvia – cominciando con lo studio di fattibilità economica, finanziaria e giuridica - la trasformazione di Atac S.p.A. in Azienda Speciale, ovvero, secondo la legge, un ente strumentale del Comune senza scopo di lucro. Vi possono essere diverse varianti che sarà necessario approfondire per individuare quella migliore. Un altro tipo di trasformazione potrebbe però essere la riassunzione del servizio all’interno delle strutture amministrative del Comune (come nell’esempio ricordato delle USL). Le ipotesi qui suggerite sono contemplate nell’ordinamento giuridico italiano e non contestate dall’ Europa e sarà compito del dibattito pubblico indicare la strada giusta, per l’alternativa migliore. Sono trasformazioni che non pongono problemi giuridici e contrattuali particolari nel trasferimento del personale, ad eccezione dei dirigenti, o del debito nell’Azienda speciale o nel Dipartimento comunale (che resterebbe in ogni caso in carico al Comune).



Terza parte: fare città

3.1 – Quanto sopra esposto implica, di necessità, un itinerario complesso di costruzione della alternativa in grado di poter valutare le correlazioni (quali) indotte dal pendolarismo, dal turismo, dalle disuguaglianze, dall’immigrazione in uno spazio che supera la dimensione comunale e per certi versi metropolitana, e perciò stesso di elaborare un’idea di città, una visione di quel che potrebbe essere e divenire: dare insomma un significato all’esserci, un fine. Sia pure come intelaiatura di riferimento, consci di trovarci in quell’interregno in cui il vecchio muore (forse) ma il nuovo stenta a nascere (parafrasando G.). Fare città è l’altra faccia, il sottotesto di una programmazione della mobilità che affronti i nodi della comunicazione, dell’inquinamento, della dissipazione dei beni e dei valori, degli stessi affetti, del tipo di industria (dei beni da produrre), della crisi della democrazia. Ed è cruciale quanto detto al punto 1.2 sul patto di stabilità che strangola le possibilità finanziarie del Comune: che vorremmo fosse preludio a maggiori poteri alle comunità locali non certo agli attuali Sindaci. Davvero preludio a una modifica profonda su come e chi decide priorità e finanziamenti, nel contesto della ricostruzione dell’affidamento delle decisioni di governo del territorio ai cittadini togliendola ai proprietari di aree e immobili. Al Comune riformato e non agli esecutivi che come dice il nome dovrebbero eseguire. La proposta di Calma è assai lontana da ipotesi di Città Regione, di trasformazione dei Municipi in veri e propri Comuni, e così via precisamente perché non si tratterebbe della modifica appena indicata, ma dell’espansione degli attuali Enti territoriali con tutte le controindicazioni che l’esperienza insegna. Il grandissimo problema è quello del governo racchiuso tra pochi in ascolto di chi conta e in silenzio verso chi non conta. Piuttosto si deve iniziare un processo critico che denunci l’insostenibilità dell’attuale modalità istituzionale che riserva tutto il potere a Sindaci e “Governatori” riducendo gli Assessori a Consiglieri nominabili e revocabili ad nutum e le assemblee a vuote adunanze. In ogni caso è il governo il problema, centralizzarlo e insieme frantumarlo in differenti schegge nulla modifica nella partecipazione dei cittadini, per di più essendone già oggi escluse le stesse Assemblee. Nessun potere, oseremmo dire, dei cittadini ridotto all’investitura dei governanti.

3.2 - Non è qui il caso di sostenere le affermazioni precedenti riprendendo studi e convegni ricorrenti - quasi a testimoniare l’ansia di superare l’incertezza su come risalire a livelli degni di una Capitale europea - da Roma 2030 (lo scenario immaginato per i prossimi dieci anni presentato al Teatro di Adriano) alle visioni del Cresme per Roma 2040, ecc. Né di riecheggiare la drammatica trasformazione del Centro Storico in Museo o Parco a tema, il trasferimento degli abitanti nei Comuni della Regione, la situazione contraddittoria delle periferie, l’orrore delle bidonville di immigrati e reietti effetto del combinato disposto del dominio della rendita immobiliare, del trasporto di massa, dell’ideologia liberista che ha messo a profitto l’intera città., di egoistiche “culture” intolleranti dell’altro da sé. A che cosa è dunque chiamata Roma? resta la domanda cruciale cui si dovrebbe tentare di rispondere.

3.3 - Non si tratta di ipotizzare qui la forma del Buon Governo che deve rappresentare invece l’assillo di quanti vorrebbero misurarsi con la crisi della città divenuta ostile alle persone e alle comunità. L’ obiettivo della riappropriazione democratica del governo della città impone la presenza attiva e co-decidente con le forme di democrazia rappresentativa di una diffusa rete di comunità di abitanti, in modo che vivano le contraddizioni articolate da bisogni e interessi differenti che non è compito della politica soffocare o silenziare o ridurre nelle asperità ma assumere come condizioni di dialogo e di reciproco riconoscimento. Una forma di governo determinante perché assume gli abitanti come persone di pari dignità, cittadini e non sudditi. Ne risulterebbe potenziata l funzione politica e amministrativa delle Assemblee rappresentative (capitolina e municipali), messe al riparo sia dalla artificiosa retorica della primazia degli “eletti” (quasi unti dal signore), sia dal progressivo slittamento in atto di perdita delle funzioni non strettamente decise dagli esecutivi. Insomma, è tutto da mettere in discussione sia la distanza non semplice dalle esercitazioni delle culture istituzionali, sia dalle semplificazioni della individuazione della ingovernabilità nella grandezza (?) della città, sia dalle tentazioni di dettare ricette Tutto deve essere aperto, meglio riaperto, dopo le disastrose Amministrazioni comunali e regionali degli ultimi vent’anni, nessuna esclusa.

3.4 – Nell’immediato, nel Comune può riemergere la funzione di regia della costruzione di un servizio di trasporto locale effettivamente pubblico, e intanto di risalita dal crollo di utenti inferto da Covid 19, introducendo modalità e strumenti di partecipazione nella programmazione medesima, nella definizione delle priorità e delle modalità di regolazione, nell’esecuzione delle opere infrastrutturali, nella pianificazione e nella stessa gestione del servizio. Il Comune non può farcela da solo, deve aprirsi al sostegno di conoscenze, esperienze, progetti, ricerche di altri organismi istituzionali e sociali, delle reti esistenti, confrontandosi con i trend attuali e potenziali della domanda di mobilità e dell’evoluzione dell’offerta. Aprirsi significa organizzare luoghi e tramiti adeguati di relazioni e implica l’impegno a reperire e dedicare con certezza durature e consistenti risorse pubbliche. Aprirsi significa modificare sé stesso, puntare alla qualità dei propri uffici e muoversi integrando gli specialismi ora differenziati nelle monadi dei dipartimenti. Non più Conferenze di servizi in cui si esprimono i diversi pareri su di un progetto già definito (magari dal soggetto proponente privato) cui apportare modifiche con l’obiettivo di approvarlo comunque ma partire da una progettazione costruita con le diverse culture presenti nell’Amministrazione. Per presentarla al dibattito pubblico libero di approvarla, modificarla o respingerla. Lo insegna, quantomeno, l’esperienza penosissima dei due più importanti progetti (Stadio della Roma e Metro C): se fossero stati valutati e confezionati con l’apporto interdisciplinare qui accennato probabilmente l’idea progettuale sarebbe stata bocciata e, se poi vi si fosse dato comunque seguito si sarebbero almeno evitati i continui adeguamenti, il lievitare dei costi, le abborracciate soluzioni dei punti critici emersi successivamente per l’imprecisa analisi della fattibilità, la violenta torsione delle norme e, forse, anche gli strascichi giudiziari.



Settembre 2020